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Truppe in Siria, il dilemma di Obama

Truppe in Siria, il dilemma di Obama

Truppe americane delle forze speciali schierate vicino alla prima linea nella lotta allo Stato Islamico. Barack Obama sta considerando una escalation dell'intervento militare in Siria e in Iraq per combattere la crescente minaccia presentata dagli estremisti. Un’escalation che dispiegherebbe le Special Operation Forces, per la prima volta, sul terreno e nei pressi dei combattimenti in territorio siriano. Mentre avanzerebbe verso l’altro fronte contro Isis, quello interno iracheno, la posizione dei consiglieri statunitensi oggi stazionati a Baghdad e in altre città del Paese.

Il piano, su cui Obama potrebbe decidere in settimana, non rappresenta una completa inversione di rotta a favore di un nuovo dispiegamento di significative forze sul terreno. Il contingente viene anzi descritto dal Washington Post, che ha rivelato la strategia, come “piccolo” anche se tuttora imprecisato, composto esclusivamente di commando (quelli già impegnati in missioni per salvare ostaggi) e non verrebbe impiegato in combattimenti aperti. Ma è una “significativa” correzione e ripensamento, che esporrebbe comunque i soldati americani a maggiori rischi.

Sono stati i più stretti consiglieri per la sicurezza nazionale a raccomandare la riconfigurazione più aggressiva della presenza militare. Questo dopo che il Pentagono sotto la guida di Ashton Carter, il segretario di Stato John Kerry e l’amministrazione in generale sono apparsi sempre più frustrati dai mancati progressi nelle campagne contro i terroristi dell’Isis.

La revisione della strategia, ancora al centro di intense discussioni, si affianca al rinvio del ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, annunciato di recente dallo stesso Obama per evitare che il Paese si trasformi nuovamente in un rifugio per basi di terroristi in mano ai talebani. Nessun ritiro di soldati nel corso del prossimo anno e una riduzione solo parziale agli inizi del 2017 che contraddice le promesse elettorali del presidente.

Per Iraq e Siria Obama e i suoi consiglieri avrebbero invece escluso le opzioni più ambiziose, a volte sostenute invece dai candidati alla presidenza nel 2016, compresa la democratica Hillary Clinton. Tra queste la creazione di una no-fly zone e il dispiegamento di migliaia di soldati sul terreno per proteggere le popolazioni civili. Oltre ad aprire un nuovo ampio fronte di conflitto sul campo per le forze armate americane, secondo l’amministrazione simili interventi rischierebbero di provocare un’escalation, questa volta del tutto indesiderata: incidenti e scontri con il regime siriano di Damasco e soprattutto con la Russia e l’Iran che lo stanno appoggiando con crescenti aiuti diretto.

L’intervento militare russo in Siria (che avrebbe avuto la sua prima vittima, il contractor Vadim Kostenko), sarà comunque determinante nelle decisioni del presidente. Anche perché presto da Baghdad potrebbe arrivare la richiesta a Mosca - in questi giorni all’esame del Parlamento - di intervenire con i propri aerei contro l’Isis anche sul territorio iracheno, e non solo in Siria. Una svolta sicuramente sgradita a Washington.

FONTE: www.ilsole24ore.com FOTO: www.agi.it

 

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      gen 15, 2023

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    Jan. 06, 2023       0 Comments

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